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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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Mai stati, in un posto simile?

Alla vigilia della mia partenza per il Belgio, le mie conoscenze riguardo a questa destinazione erano abbastanza limitate. Hanno una bandiera simile a quella tedesca. Parlano un francese simile al francese vero, ma più vallone. Parlano pure un fiammingo che è simile all’olandese, ma più fiammingo. È uno stato piatto; uno stato cuscinetto. Il tempo è sempre grigio, Paola di Liegi era triste e perciò veniva in Italia, i belgi sono sempre tristi perciò vengono a prendere il sole in Italia (dove abbia avuto queste informazioni Ma’, è difficile saperlo). Quando io e Gica partiamo (io con una valigia decisamente indipendente, sulle sue quattro ruote motrici) ci sentiamo pienamente italiane: brioche e cappuccino a colazione; salto della fila in aereoporto; applausi all’atterraggio. All’arrivo, qualcosa ci dice che non siamo più in Italia. Sarà la quantità spropositata di verde? Sarà il tempo grigio, anche detto tempo belga? Saranno le patatine fritte condite con salsa ai porcini, che vediamo servire alla stazione? No, sono le quattro cioccolaterie che incontriamo come prima cosa a Bruxelles. Sì, siamo in Belgio. Dove la cioccolata è simile a quella svizzera, ma viene servita in porzioni simili a quelle tedesche: enormi. E dove il dolce tipico, mangiato a qualunque ora del giorno, è il gaufre. Che è simile al wafel olandese e al pancake inglese, solo meno unto e meno fritto. E con la Nutella, o con la cioccolata bianca e la panna, o col gelato e la crema... ci sta da Dio. Non che abbia provato tutte queste alternative. Ne ho provate molte di più in effetti. Sulla via del Manneken Pis, il putto che piscia, ci imbattiamo in un borseggio. Nena, la nostra amica, rimane sconvolta: il mondo di Nena è diviso in persone “ciccissime”, in altre “orsacchiottissime”, altre ancora “coccolissime”... e pur vivendo a Napoli, non ha mai assistito ad un borseggio! Eh sì, anche Brussels è simile al resto del mondo...
Similmente a quanto accade in tutto il mondo, anche le città del Belgio hanno le loro mascotte: a Firenze il giglio, a Brussels un putto che piscia; a Roma la lupa, a Liegi la pigna; al terzo giorno, ho smesso di chiedermi quali fossero le mascottes delle altre città.
I belgici, come li chiamiamo in amicizia, sono persone che si fidano, e in questo sono simili ai finlandesi: al museo Magritte entriamo col biglietto ridotto senza mostrare la carta d’identità; il biglietto del treno consente di fare 10 viaggi a prezzo scontato compilando di volta in volta con i dati del viaggio, al momento. Osserverò una riga di silenzio riflettendo su come gli italiani sfrutterebbero queste occasioni.

Brussels ha un bel centro storico, mentre la parte “europea” non la vediamo, è troppo lontana; al museo Magritte manca quello che io chiamo L’om col pom e pure la pipa che non è una pipa. Se non fosse che ho pagato solo due euro, mi farei rimborsare.
Liegi è invece piuttosto belga, nel senso di grigia, e non si capisce se sia periferia o città metropolitana, è simile ad entrambe. Ha le donne in vetrina come in Olanda, la stazione di Calatrava come il ponte a Venezia, i ciottoli come a Roma. Una bella cattedrale, un’università in cui il portone si apre automaticamente, piove come a Londra, i bus non arrivano mai come a Mestre.
Bruges invece –o Brugge- è a dir poco stupenda, una vera cartolina. Ci sono i ponti come a Venezia ma i canali sono più come Amsterdam; è grande, anche se non sembra, e 366 scalini per salire sulla torre campanaria sono proprio tanti, soprattutto quando ti danno la precedenza SEMPRE!!! Gli edifici in piazza del mercato sono talmente belli da sembrare finti, i cavalli della fontana sono così finti che son pure belli, a differenza dei cavalli con le carrozze che sono solo stanchi morti. I camerieri di Brugge sono molto gentili e ti servono in appena due ore di attesa, mentre i cigni aspettano frementi qualche avanzo del tuo cibo, un po’ come sul lago di Garda. Quando hai finito di vedere Bruges sei talmente stanco che ti restano le forze per mangiare solo un gaufre con cioccolata bianca e panna montata.
Mai come il gaufre con gelato, cioccolato fuso, crema chantilly che mangio a Namur. E pur parlando in inglese alla cameriera, questa mi risponde in inglese e mi fa le domande in francese. Quando si dice il bilinguismo. Suo, non mio. Nel frattempo ci raggiunge un gruppo di addio-nubilande, che ci chiede cortesemente di fornirgli un ciuffo di capelli. Io me lo faccio tagliare, ahimé, e Ma’ è sconvolta quando glielo racconto: “CHE SCHIFO!!” Beh, ma le forbici erano pulite... “APPUNTO!! PAR EORE!! E se ti gavevi i peocci??”
A Liegi intanto c’è la festa del 15 agosto che dura tre giorni di fila, e la gente si riversa sulle strade del centro per ubriacarsi e condividere un po’ di claustrofobia. Eh sì, assomiglia alle sagre italiane dopo una certa ora. Tipo dopo le 5 del pomeriggio.
La domenica a Liegi c’è il mercato, che è simile a quello di Mestre, solo che è il più grande d’Europa. E hanno uno strano senso dell’umorismo, i belgici, quando vendono i galli vivi da un lato della strada e i polli arrosto di fronte. Memento mori??! Nel pomeriggio ci avventuriamo al Cinema Parc, che non è vicino a un parco e non è nemmeno in centro. Guardiamo “L’Age de Glace”, più che altro guardando le figure, ma sempre meglio che vedere hary’ potér che usa la baguette (!!!) per fare gli incantesimi...
In serata ci deliziamo a guardare Nena ballare il tango ed evitare di frantumarsi a terra ad ogni sgambetto (e non erano figure del tango, erano tentati omicidi!!) giusto per convincerci ulteriormente che no, il tango non fa per noi.
L’ultimo giorno è la volta di Aachen. Sì dai, Aix-la-chapelle. MA INZOMMA! AQUISGRANA, no?! E’ in Germania che, come tutti gli Stati, è vicina al Belgio. C’è la tomba di Carlo Magno, piccola e in fondo in fondo in fondo alla Cappella, in cui un cartello intima “offrite 2 euro per fare foto”! Ho la faccia di una che offre spontaneamente soldi per fotografare nel buio più assoluto una bara dorata che manco si vedrà se ingrandisco il particolare a 102x??????? Approfittiamo dello Starbuck’s di turno –che quando ce vo’ ce vo’- e andiamo ad acquistare i biglietti per l’aereoporto. “Sorrì sorrì!” Si scusa il simpatico bigliettaio “do you have to go to the erpòrt?” e in attesa della risposta, MIMA l’aereo in volo.. ho capito la domanda, non sono cretina! Arrivate a Charleroi, scopriamo che Schumi ha rifiutato il posto in Ferrari per continuare a guidare il bus navetta per l’aereoporto... divertendosi a scorazzare la mia valigia-quattro-ruote-motrici in tutto il bus! Però poi mi consolo durante il volo, ad ammirare lo steward olandese che è stato assunto per motivi simili a quelli che garantiscono il posto alle hostess gnocche... viva la par condicio!!
In definitiva, sono stata in un posto simile. Simile a molti altri, per tanti aspetti, ma stupendo proprio perché uguale solo a se stesso e perciò unico nel suo genere.