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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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Fast forward

Che i tedeschi siano avanti, lo so già ben prima di partire. Un servizio del TG mi dice che vicino Berlino hanno appena inaugurato una distesa di pannelli fotovoltaici che fornirà l’1% dell’energia di tutto il Paese. Chiaro, loro sono avanti. E noi si parte con Trenitalia. Chiaro, noi NON siamo avanti. Ancora i treni a compartimenti stagni degli anni ’80-’90, per intenderci. E il vicino di compartimento che intona canzoni tedesche accompagnato da chitarra e nacchere. Tesoro mio, vabé che è Trenitalia, ma son sempre 7 ore di treno, quindi sopprimiti o ci penserà qualcun altro. Superato il confine, entriamo nella terra ove ‘l sì non suona più manco per sbaglio, infatti la voce che annuncia le fermate del treno se la ride, in tedesco, con chi lo capisce... e non è il nostro caso. Scese dal treno e cenato da Starbucks, come da tradizione, memorizzo il nome dell’hotel giusto fuori dalla stazione di Monaco: Eden. Un Paradiso insomma, quanto sono avanti i tedeschi. Lo sanno, sì, che chi arriva sfranto da un viaggio targato Trenitalia vive con terrore l’idea di prendere pure la metro, e si schianterebbe volentieri su un qualunque materasso dell’Eden. E invece no, trasciniamo le nostre stanche membra e le nostre pesanti valigie alla metro. Ma quanto sono avanti i tedeschi: nella metro si entra da una porta e si esce da quella di fronte, senza mai incrociarsi e lanciarsi improperi con chi viene dall’altra direzione. Peccato che lo spieghino in tedesco, ma ci si arriva pure coi segnali luminosi. Finalmente in hotel, apprezziamo il viaggio stile Tour Eiffel in ascensore trasparente... con un panorama leggermente diverso... e pure il water.. ma quanto sono avanti i bavaresi, c’hanno pure il water vestito tradizionale!!
Il secondo giorno comincia con uno shock interculturale: i bambini inglesi del tavolo accanto al nostro non sanno cosa sia la Nutella. E dopo averla assaggiata, la lasciano là perché non gli piace. Certo, sarà l’alimento più sano che abbiano mai ingurgitato negli ultimi 8 anni di vita. Poveri piccoli, che infanzia triste. Ci dirigiamo con l’animo in spalla alla volta della stazione, per la gita giornaliera a Neuschwanstein. La guida è un simpatico signore americano di Seattle, trasferito a Monaco per motivi da chiarire. Il viaggio in treno scorre tra vallate di un verde accecante e pannelli fotovoltaici che mancano solo in testa alle mucche, per il resto sono dapperttutto. Quanto sono avanti, sti tedeschi. Alla stazione c’è un rullo, accanto alle scale che conducono al sottopasso, sul quale appoggiare la valigia per trasportarla giù col minimo sforzo. Quanto sono avanti, non so se l’ho già detto. Una volta arrivati alla fermata del bus che porta al castello –sia mai che ci andiamo a piedi, per carità- respiriamo aria di casa. Per modo di dire. Respiriamo aria di napoletani in nuclei familiari aggregati, con bambini vocianti al seguito. Come riconoscerli? Beh, di solito sono quelli che nel bel mezzo della fila per salire sul pullmann, urlano ai bambini di mettersi in posa per farsi fotografare. O che saliti sul pullmann (il quale ha cercato invano di investirli, poco prima) urlano ai bambini di non urlare; e poi urlano al parente adulto più vicino di preparare i panini che così glieli danno da mangiare. E naturalmente il viaggio dura 3 minuti scarsi. Finalmente giunte al Marienbrücke, il ponte che si affaccia su uno strapiombo di 90 metri e dà una vista mozzafiato sul castello, ammiriamo tutta la pazzia di re Ludwig. Che era avanti. Sì perché era salito sul trono a 18 anni, completamente impreparato a quello che lo attendeva, era omosessuale, e si era costruito il castello delle fiabe. Praticamente l’antenato di Michael Jackson, un secolo abbondante prima. I re pazzi tedeschi però pensavano anche al popolo, infatti Ludwig aveva promosso l’istruzione e fatto riforme per le classi meno abbienti. Come i governanti italiani, insomma. E non sono neanche pazzi, almeno ufficialmente. Il castello sembra quello della “Bella e la Bestia”, mi dice Gica che i cartoni di Walt Disney li ha visti tutti. Dentro invece è di una pacchianeria sfacciata, completamente ispirato a RikardFakner, come dice la guida (che poi sarebbe Richard Wagner), multipiano e non completato. Al ritorno facciamo il giro, suggerito dalla GuidaDiSeattle, per le cascate, uno degli angoli di mondo più belli che abbia mai visto, con dei paesaggi proprio da fiaba (e pazzi che facevano il bagno). La GuidaDiSeattle, con la scusa di aiutarci, ci ruba le borse di souvenirs, salvo poi farci lui le foto... ma allora le borse potevamo tenerle!! Arrivati alla fermata del bus, comincia un diluvio universale mascherato da acquazzone estivo che fa assomigliare la Germania ad un Paese equatoriale. Bagnate fino al midollo, alla stazione assistiamo ad un interessante dibattito tra la GuidaDiSeattle e il suo AiutanteFinlandese sui balli tradizionali dei vari Paesi: GDS sbeffeggia i balli tirolesi/bavaresi, per poi ammettere che l’unico ballo tipico americano che gli sovviene è la macarena. L’AiutanteFinlandese descrive, col pathos tipico del Nord, il tango finlandese. Che è molto diverso da quello argentino. Perché non c’è emozione, anzi c’è molta distanza. Mio Dio che tristezza. E in Italia? Chiedono guardandoci. Ehm.... a Venezia niente, rispondiamo. Però c’è la tarantella a Napoli. E i balli sardi in Sardegna. L’ignoranza regna sovrana, perciò ci rifugiamo nel no comment e torniamo in albergo, pronte per la partenza alla volta di Salzburg.
Certo, se viaggi dalla Germania all’Austria che ti aspetti? Treno Eurocity con schermi lcd che indicano il percorso, la velocità, la prossima stazione e le coincidenze in partenza. Sedili che la poltrona di casa mia sembra na sedia di legno in confronto, poggiapiedi, tavolino porta pc portatile. Chiaro, loro sono avanti. Gli automobilisti austriaci non hanno molto tempo da perdere, soprattutto con le turiste munite di valigia... e non è molto lusinghiero, sentirsi le protagoniste di un videogame violento! I portieri dell’hotel sprizzano cortesia da tutti i pori, tentano un italiano molto maccheronico e sparano battute idiote come se piovesse. Qualcuno glielo dica, che essere italiano non vuol dire necessariamente dover imitare Berlusconi. Salzburg è caratterizzata dalla fortezza, che sovrasta la città tanto che dopo due giorni ne hai due maroni così di vederla da ogni angolo. Gli inglesi col London Eye sono arrivati dopo, che avanti sti austriaci. Con un’unica tessera a modico prezzo, si può girare su tutti i mezzi (in ogni caso, gli autisti non si preoccupano troppo di controllare) e visitare molti musei. Ci fermiamo (con stupore dell’aiuto autista del bus, che in tedesco stretto ci spiega che non è il centro città) ai prati di Mirabellgarten. Insomma, quelli del film “Tutti insieme appassionatamente” che ha fatto successo in tutta Europa e America tranne che in Austria, ma ciononostante pullulano le cartoline e i tour organizzati sui luoghi del film. Salzburg è la patria di Mozart, e se ci fosse qualcuno che arriva senza saperlo lo scoprirà molto presto: i negozi vendono le palle di Mozart (i cioccolatini, of course), i bretzen sono a forma di chiave di sol, i negozi di souvenir hanno ventagli, piatti, penne, matite e chi più ne ha più ne metta col profilo di Mozart, manco fosse Hitchcock. Il museo nella sua casa natale è alquanto miserrimo, con l’esposizione pure del codino di capelli stile feticista. Poi visitiamo la collina a sud ovest della città, con vista panoramica e naturalmente ascensore megagalattico – sia mai che camminiamo. Per la stessa ragione, alla fortezza ci si va in funicolare –due minuti velocissimi, ma sempre troppi quando circondati da italiani vocianti- a vedere il museo delle marionette. Poi una visita alla Residenz, e qua per la legge del contrappasso, dopo aver scalato MILIONI di scalini scopriamo che le sale principali sono chiuse per una festa privata. Argh. Per rifocillarci, giustamente, ci fiondiamo al kiosk verso il centro per gustare una fettina (austriaca, quindi una porzione da reggimento) di sacher e mozart torte. Le fettine sono portate da una matrona, in spalla, su un vassoio gigantesco. E lei sì che è avanti, si fa pagare le cibarie a parte dalle bevande, che invece si pagano ai camerieri. L’ultimo giorno andiamo a visitare Hellbrunn. Era la residenza estiva dell’arcivescovo – la Chiesa è sempre stata avanti su queste cose. L’arcivescovo era un gran mattacchione, perciò volle creare una serie di scherzi acquatici, i waserspielen. La guida è in realtà il fratellino minore di Saw l’enigmista, che con sadico piacere aziona i getti d’acqua a sorpresa, lavandoci da testa a piedi. Grande gioia dei bimbi dell’asilo che si divertono un mondo, un po’ meno le povere maestre. Hellbrunn comprende anche uno zoo (sia mai che gli arcivescovi si facciano mancare qualcosa) nel quale scopro che le gobbe dei cammelli vuote sono floscie... che schifo. Poi c’è la serra delle scimmie ‘ssassine e delle iguane... serra nella quale questi simpatici animaletti sono lasciati liberi sopra le nostre teste, sia chiaro. E ci sono i lama, che non sembrano molto amichevoli, quando si allontanano i sacchetti di cibo.
Per concludere la vacanza, si torna a Salzburg centro e si gusta una pizza. Penso che la salsa fosse un barattolo di pelati. Eh no, c’è poco da fare. I germanici saranno avanti, ma sulla pizza non c’è storia, quelli avanti siamo noi. Anzi, siamo più che avanti, siamo fast forward.