Welcome, to wherever you are

I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

(For the English version click here)

DdV 2 - Prime impressioni

La prima pagina del mio taccuino dice “my dream is....”: troppi pochi puntini, la lascio in bianco. Parto da casa convincendo Ma' che nonostante la valigia sia mezza vuota, non porterò via Klappar l'ippopotamo. All'aeroporto saluto Pa' e Gogo e mi dirigo con non-chalance al check-in. Primo controllo passaporto, superato il quale mi viene fatto presente che il beauty vale come valigia, perciò paghi la tassa grazieeee. La grande novità del body scanner c'è, a Venezia, ehhh sì. Bello. Chiuso. Inutilizzato. Che bella spesa. L'aereo è puntuale, ci servono il pranzo -cheese maccaroni, meglio di quanto si possa pensare- e constato che la gente esagera. Quando dicono che c'è tanto spazio per le gambe, o che non ce n'è per niente -lo spazio è il solito-, che ti danno un sacco di cose -un cuscino e una vestaglia, che credevo fosse una coperta-, che devi camminare altrimenti ti si blocca la circolazione e fai una paralisi -mi sono alzata una volta e non ho avuto nessuna controindicazione. Mi godo due film, di quelli che di solito si vedono sotto Natale, e constato anche che un volo transcontinentale non è più silenzioso, anzi. Quando il pilota annuncia che atterreremo con un'ora di anticipo, il mio vicino si entusiasma e si lancia a raccontarmi i suoi quindici giorni in giro per l'Italia. Una volta scesa, e imboccati i mille labirinti che portano all'uscita, mi metto in fila tra i “visitors”, e mi viene detto che devo compilare il modulo verde. Che è uguale all'ESTA, che ho già fatto, e che mi chiede di nuovo se sono parente di Bin Laden. NO, CHE CAZZO. Dopodiché mi metto in fila per i controlli, cosa che ti fa sentire molto ben accetta in questo paese. Un cartello mostra la procedura -impronte digitali della mano destra, poi della sinistra, poi foto digitale- e conclude “welcome to the USA”... ammazza, e se non ero welcome?! Vanificata l'ora di anticipo, spiego alla poliziotta che sono una turista... “e stai a Bensalem?! A far cosa?!” Sono ospite di un'amica, SANTO DIO!!! Recupero le valigie, ormai scaraventate via dal nastro trasportatore, ed esco. Finché non sono in strada non ci credo, che non devo fare altri controlli.

Dopo una rapida chiamata a casa, mi trascino al primo taxi libero, e fornisco l'indirizzo di Mel. Il dinamico autista, per programmare il navigatore, finisce sopra il marciapiede, ma è tutto sotto controllo. Poi mi fa fare la conoscenza di una tradizione locale: l'aria condizionata sparata a 2000. Le mie cervicali ringraziano. Lungo la strada vedo i grattacieli che caratterizzano lo skyline di Philadelphia, e il ponte: queste sono le prime immagini che registro. Alla fine, il simpatico tassista non trova la strada giusta "I cant see numbers, I cant see!" e mi risolvo a chiamare Mel per farmi venire a prendere. Il clima è quello che a Venezia definiamo "sòfego", una cappa di caldo umido che all'equatore si sta meglio. Dopo aver depositato le valigie alla mercé dei gatti di Mel, facciamo un salto al supermercato locale -in macchina, ovviamente. Le auto qua sono enormi, d'altra parte pure le strade sono sterminate. Al supermercato c'è la mia amica Aria Condizionata ovviamente, nel reparto frutta e verdura invece si scatena la tempesta: si sente tuonare, poi parte una pioggia leggera per innaffiare i prodotti esposti -coreografie made in USA. I prodotti -frutta, verdura, pane, affettati- durano anche un mese, in frigo, aperti. Gulp. Infatti gli affettati si comprano non all'etto, ma al pound... mezzo chilo, che tanto dura! Per cena per fortuna cucina Mel, e si mangia la pizza di carne, poi si va a dormire... o a giocare con Ninì la gatta, nel mio caso, grazie al jet-lag.

Il giorno dopo sono a dir poco rintronata dalla notte in bianco, quindi mi dedico ad un po' di Internet. Quando il Mac si scarica, scopro con disappunto che il costosissimo trasformatore vendutomi in Italia come indispensabile non serve, bastano gli adattatori. Hmmmmmmm. Nel pomeriggio facciamo un giro al Mall, il centro commerciale, con Mel e la sempre presente Aria Condizionata. Al Mall si trovano tantissime marche scontate, anche in periodi a caso durante l'anno: non è come da noi, con i periodi fissi di saldi. Infatti il negozio Guess spara le borse a 25 dollari, e il negozio Levi's ti tira dietro i jeans a 30. Di contro, maglie improbabili di D&G e Missoni arrivano a 500-600 dollari, ma partivano da 2-3 mila! Tra i corridoi del mall si trova di tutto: distributori di caramelle, massaggiatori, estetiste che depilano le sopracciglia e il labbro CON UN FILO DA CUCITO, stand che per venderti i trucchi e farti vedere come ti stanno ti truccano gratis. I manichini di molti negozi hanno la sesta di reggiseno... modelli di bellezza locali; al negozio Nike vendono il portamonete da agganciare alle scarpe da ginnastica; il negozio Lindt sta chiudendo, perciò svende 4 pounds di Lindor (2 chili) a 7 dollari... troppo anche per me, le supersize locali stanno mettendo a dura prova perfino la mia innegabile voracità. Tutti i commessi sono super sorridenti, e anche se è una posa mi piace da morire il saluto "Hi, how're you doing?" che sembra gliene freghi qualcosa. Dopo un salto da Victoria's Secret -che esiste davvero, non volevo crederci!- torniamo verso casa, e stanotte finalmente si dorme!

Il terzo giorno comincia benissimo, con la skyphonata a casa, e prosegue meglio, con la gita a Philadelphia. Il caldo è torrido, l'escursione termica tra l'interno e l'esterno penso sfiori i 20 gradi. I biglietti del treno vengono obliterati dal controllore, sistemati sul tuo posto a sedere, e ritirati quando poi dovresti scendere. La prima tappa a Philly è la Liberty Bell, la campana simbolo dell'indipendenza americana. Alla quale è stato dedicato un intero museo con souvenir risalenti perfino al 1960... cimeli!!! I rangers non ci permettono di sederci sul preziosissimo muretto esterno -sarà stato costruito nel 1980, insomma!- e finalmente entriamo alla visita guidata alla Congress Hall, dove sono conservati altri preziosissimi cimeli... del 1700... la guida si entusiasma a parlare della migliore costituzione sulla faccia della Terra, difesa in quelle stanze... sì, siamo al centro del mondo. Dopo un gustoso pranzo messicano, andiamo nella zona dei grattacieli, che fino a non molto tempo fa non potevano esistere perché il limite d'altezza era il cappello della statua di Penn, il fondatore della Pennsylvania. Il caldo è torrido, ma c'è di buono che i grattacieli fanno ombra. Ci rifugiamo dall'amica Aria, in uno dei più recenti grattacieli, e dopo aver bevuto un frullato ci dirigiamo alla stazione, direttamente collegata al grattacielo, sottoterra. Il nostro treno è cancellato, perciò ci schiacciamo come sardine in quello successivo e poi andiamo a fare un po' di spesa: domani è tempo di partire, il New Jersey mi aspetta.

Nessun commento:

Posta un commento