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DdV 9 - Orgogliosamente

"Poi c'è anche quella roba là...." La mia avventura al primo Gay Pride in vita mia comincia così, con la mia padrona di casa MM che ci annuncia gli eventi della settimana, e snobba un ritaglio di giornale color arcobaleno. "Se volete andare a vedere quella parata di culattoni, assicuratevi di cospargervi di spray insetticida. Perché sarà pieno di malati di HIV, e nessuno l'ha mai provato, ma chi ti dice che l'HIV non si trasmetta con le punture di zanzara?" Dopo un notevole sforzo per non ridere, non piangere, non inorridire... e in ciascuno di questi casi, non sputare il boccone o non soffocarmi, ho annuito con partecipazione e sono salita in camera mia. Ad offrirmi come volontaria per il Toronto Pride 2010. Il giorno dopo, ho ricevuto una telefonata che mi ha assegnata alla Parata, come "sign carrier", con la cortese richiesta di vestirmi di bianco.
La domenica della Parata mi sveglio di buon'ora, mi vesto di bianco e mi cospargo... no, non d'insetticida, ma di protezione solare, visto che la temperatura raggiungerà i 32° e io sono reduce da una scottatura potente. Raggiungo i quartieri generali dei volontari del Pride, attraversando la via ancora addormentata con le bancarelle chiuse che tra poco daranno vita allo spettacolo. Mi metto in fila sotto il sole, sarà molto dura resistere al caldo mi sa; mi registro, cercando di sillabare il mio incomprensibile cognome, e ottengo il pass, ma non la t-shirt perché il mio ruolo impone il bianco, uffa!! Mentre aspetto, mangio un trancio di pizza e sorseggio acqua ghiacciata, e faccio la conoscenza dei miei colleghi. C'è la ragazza che si è offerta perché le serve il volontariato nel curriculum (il Gay Pride che fa curriculum, chi l'avrebbe detto?!); il ragazzo giovane con l'eye-liner che darebbe qualunque cosa per avere le mestruazioni; il ragazzo che è bianco anche di carnagione, ed è preoccupato di non riuscire a mantenerla oggi; le ragazze di colore, talmente eccitate dall'idea di partecipare alla parata da non aver dormito più di un'ora in tre giorni; il cinquantenne palestrato, che si cosparge continuamente di protezione solare e non si è mai perso una parata in 30 anni. E' lui ad informarci che in 30 anni, mai una parata è stata cancellata dal maltempo, e a proporre che venga fatta una corsia preferenziale per chi vuole sfilare bevendo birra (credo sia vietato bere alcol in occasioni pubbliche); è sempre lui a raccontarmi, vista la provenienza, di essere stato da poco a Riccione, e che tutti scoppiavano a ridere quando sbagliava la pronuncia e diceva di essere stato a Ricchione... è toccato a me tradurre, naturalmente.
Finalmente veniamo convocati e mandati alla partenza della parata, qualche isolato a nord. Ci viene spiegato che, essendo il 30esimo anniversario del Pride, ognuno di noi porterà al collo un cartello sul quale sarà scritto un anno con l'evento che ha caratterizzato la storia del Pride in quell'anno, e sfileremo a coppie con dei palloncini legati al polso, a vari stadi della parata. Io capito in coppia con Jed, una ragazza di Toronto, e avremo gli anni 1987 e 1988. Il mio anno, l'87, segna il decimo anno di attività di Brent Hawkes, un prete di Toronto omosessuale, grazie al quale è stato legalizzato il matrimonio gay in Ontario (dal 2005 è legalizzato in tutto il Canada) e che da sempre è in prima fila nella lotta per i diritti degli omosessuali. Si dà il caso che Padre Hawkes sfili alla parata, e quando mi incrocia mi ringrazia per il cartello che porto al collo. Comincia la parata, e noi siamo condannati ad aspettare sotto il caldo atroce, mentre sfilano pittoreschi personaggi e svariate associazioni (dai PFLAG, i genitori e amici di gay e lesbiche, alla Comunità di Padre Hawkes, che raccoglie migliaia di fedeli al grido di "niente ci può separare dall'AMORE di Dio"); per evitare il linciaggio del pubblico che non può vedere attraverso i palloncini, ci fanno spostare da un altro lato, e finalmente anch'io e Jed possiamo sfilare, dietro all'associazione ebrei gay e ai poliziotti.
E' indescrivibile la massa umana che si è radunata per le strade, sulle case, sui tetti, sotto il sole per vedere la parata. Uomini, donne, famiglie, bambini, tutti con i colori dell'arcobaleno e il sorriso in volto, a salutare ed incitare noi... un milione di persone, dicono oggi, e io non avrei detto niente di meno. Un gruppo di ragazzi porta dei cartelli in testa, con le regole per una vita felice: laugh-love-smile-dream; tantissimi ci chiedono di fermarci per fare le foto, e Jed mi fa notare che siamo diventate due numeri "ehi, 87, fermati! Chiama anche l'88!"... sembra quasi di essere sul red carpet, e c'è pure la tv nazionale, chissà se MM mi sta guardando da casa! Ad un certo punto capisco perché il gruppo di israeliani ha poliziotti che sfilano prima e dopo: degli idioti dal pubblico invadono la parata per cercare la rissa, ma vengono bloccati immediatamente, e per fortuna che almeno oggi dovrebbe essere un giorno senza politica! Ma l'atmosfera si rilassa di nuovo, dietro di noi due ragazzi improvvisano del rock'n'roll acrobatico in strada, i carri davanti suonano le canzoni tipiche del Pride, tra le quali scopro è stata inserita anche Rhianna e invece non si sente Lady Gaga. Dopo due ore di parata sto quasi per collassare dal caldo, ma sono orgogliosa. Orgogliosa di far parte di questa manifestazione, orgogliosa di una città che riunisce un milione di persone in strada, orgogliosa di rappresentare un grande uomo come Brent Hawkes, che è tra il pubblico, mi vede e mi ringrazia di nuovo, quando sarei io a dover ringraziare lui e tutti quelli come lui che lottano per i diritti di chi non ha abbastanza voce per lottare da solo.
Finita la parata, ci dirigiamo di nuovo ai quartieri generali; incrocio una famiglia, mi chiedono se posso regalare i palloncini alla bambina, e ci mancherebbe, sono solo contenta di liberarmi del peso! Finalmente mi rifocillo con acqua ghiacciata, pizza e verdurine da pinzimonio. Saluto Jed e gli altri, mi dirigo verso la metro attraversando la via che stamattina dormiva ancora, e che adesso è in piena attività. Il marciapiede ha un arcobaleno disegnato, ad indicare la via per la metro, e tutti quelli che incrocio mi sorridono e mi augurano Happy Pride.
In metro c'è una signora anziana, al collo il pass da volontaria. Mi sorride, le sorrido. Orgogliosamente, Happy Pride.

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