Goodnight New York goodnight
Don't ever close your eyes
If these streets could talk, New York, New York
So fine they named you twice
Your face, your brains
No other place
From east to west, these streets are blessed
Goodnight New York
Sleep tight New York
Goodnight
Una sirena ti sveglierà in piena
notte, e non perché l'emergenza sia sotto casa, ma perché qui va
così. E i serramenti sono di cartapesta, non c'è verso di non
sentire ogni rumore da fuori. Rumore, rumore continuo ad ogni angolo.
Il vociare della gente che va di fretta, dei turisti che vanno
confusi, dei barboni che vanno trascinandosi. L'aria calda del treno
della metro stand clear of the closing doors
che prega non ci siano lavori sulla tratta perché quello che direbbe
il macchinista nell'altoparlante è mistero puro. Vociare continuo,
incessante, urla, fischi, applausi, campane, trombe, musica e nomi
gridati a runners che ascoltano solo i piedi sull'asfalto e il ritmo
del cuore. E Bruce Springsteen sparato a mille, cos'altro vuoi
ascoltare se non Born to Run?!
Congrats, OMG that's impressive!, you finished the
marathon?! That's awesome e via
così, per le strade tra i taxi strombazzanti insieme a chi si sente
rivolgere questi e altri complimenti.
E poi
silenzio. Silenzio assordante, che nemmeno la sirena ti ha svegliata
oggi. Catatonia pura, stato di shock diffuso. E poi reazione, cori
sommessi prima, travolgenti poi LOVE ALWAYS WINS! scanditi
ai piedi della torre neo-presidenziale, in cortei che a nulla
serviranno.
Bianco, un bianco
acceso. La luce si riflette sulla parete di vetro inclinata. Non è –
più – una colonna di luce, è la tracotanza americana che domina
la città. È uno show, come tutto qui, ma show intelligente, che
sfrutta ogni centimetro del tuo campo visivo per riempire gli occhi
di emozioni prima che di sconcerto. Due vasche dov'erano le Torri, un
museo che ti spara in faccia qualunque oggetto ritrovato 15 anni fa,
una stazione della metro che è un occhio bianco che guarda al cielo
e poi lei, la Torre. Coi suoi ascensori in 3D, il teatro virtuale,
l'iPad come guida e la guida umana che spara informazioni sui TV led
che manco io in salotto ne ho uno, questi ne hanno 12 ad ogni angolo.
Ma poi colori. Il tramonto dietro Brooklyn, le foglie di Central Park
e quelle di High Park, a Toronto. L'alba che sveglia i grattacieli,
il tramonto del New Jersey che mescola l'azzurro del cielo al rosa
arancio delle nuvole sopra gli alberi rossi, che scorrono veloci
sulla solita autostrada che si crede un bosco.
Sole caldo sulla
pelle, il Flatiron che proietta la sua ombra sottile; aria fredda,
gelida e
senza odore che soffia sul viso mentre raccolgo una
conchiglia a Coney Island, meno liscia di quella che raccolgo ad
Asbury Park, sabbia nelle scarpe che scricchiola ad ogni passo.
Abbracci, high five e sguardi che toccano senza sfiorare.
Terreno sconnesso da ghiande che gli scoiattoli sono troppo assonnati
per raccogliere all'alba a Central Park.
Odore di
metropolitana che esce dal fumo dei tombini, noce moscata dal caffè
speciale di Starbuck's, profumo di bagel appena sfornate e
sciroppo d'acero sui waffle caldi.
Hamburger giganti,
pollo fritto sopra i waffle e mozzarella sticks con la
salsa di pomodoro, sgranocchiati sul lungomare. Donut appena
sfornate, crema panna e sciroppo d'acero; cheesecake densa e
saporita; red velvet alta 10 cm che trasuda burro, cupcake
zuccherose e frappuccino. Hot dog condivisi coi
gabbiani, gyro con solo-Rafioi-sa-cosa e pollo arrosto;
pastrami saporito, everything bagel with lox spread please
e noodles thailandesi.
Sensazioni di casa,
strade familiari che cambiano di continuo senza cambiare davvero mai,
I'll be back home soon. So long, NYC NJ and T.O.
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