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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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(Racconto) Chissà - Il sapore del rimpianto

I ricordi sono infidi: uno pensa di averli elaborati, razionalizzati e immagazzinati nella mente per spiegare i fatti della propria vita… e poi, tutt’ad un tratto, risvegliati da una sensazione piccolissima, riafforiano alla mente particolari ormai rimossi. E ti spieghi, in quell’ attimo brevissimo, i motivi di tanti tuoi gesti. Così, quando mia figlia di 7 anni insiste per farmi assaggiare quell’intruglio dal nome accattivante che vorrebbe essere latte e fragola, non mi immagino cosa sta per accadere. Accade che l’intruglio sa di chewing-gum alla fragola. Embè? Embè sì, invece. Perché è lo stesso identico gusto del mio primo bacio, un secolo fa. Ricordavo solo di aver pensato due cose: “Sa di fragola” e “Tutto qua?!” Ma poi mi è tornata, per una frazione di secondo, quella bellissima sensazione. Di avere il mondo ai miei piedi. Di avere tutto quello che desideravo. Il cervello svuotato da ogni pensiero. La pura felicità. È durato solo un attimo, allora come adesso. E da quel giorno –da quella sera, meglio dire- non ho più sognato di volare nel vuoto. La mia analista dice che è perché non riesco a lasciarmi andare. Sfido io. I lividi dell’impatto, quando cadi, ti rimangono, non si rimarginano. Si chiama crescere.
Poi c’è stata la prima volta. Sapeva di lacrime, la mia prima volta. Non per il dolore fisico –o non solo- ma per la liberazione che rappresentava. Dai tabù, dalle preoccupazioni… ma quali preoccupazioni, poi? Dopo tanti anni nemmeno me lo ricordo, ma il gusto della libertà sì, ogni tanto mi ritorna alla mente.
E poi ne è passata, di acqua sotto i ponti. I ponti della vita, della morte, del dolore e della gioia. E poi sul ponte è passato lui. Dovevo essere in barca, io, tanto lo vedevo distante. La nostra è stata una storia di distanza e di mancanza, più che di normalità. La normalità che –chissà- forse ci avrebbe rovinati. Il desiderio era alimentato dall’impossibilità di viverlo –o chissà, magari era amore vero. Che poi “vero” dipende da chi lo vive. Ed entrambi l’abbiamo vissuto, ma ognuno nella sua nicchia, spaventati dall’eventualità che il mondo intero ci mettesse alla prova e ci chiedesse ragione del nostro essere noi, e non “io” e “tu”. Io insistevo, a dire che un sogno può anche far cambiare idea al mondo, e convincerlo. Certo che si è così ingenui a volte, da giovani. Ma poi forse –chissà- a provarci magari il mondo si fa cambiare davvero da un sogno. E forse –chissà- saremmo poi piombati in quella normalità che ci spaventava tanto. So solo che quando l’ho abbracciato, in quell’addio di finta amicizia in cui ognuno davvero augurava all’altro di trovare una strada che finalmente ci dividesse… beh, ho sentito di nuovo il gusto delle lacrime. Ma non sapevano di libertà, stavolta. Avevano un gusto acre, un gusto che mi parlava di rimpianto. E se adesso ripenso a noi, e nonostante tutto guardo la mia normalità, che non mi spaventa più, lontana da lui… sento di nuovo in bocca quel gusto.
E penso chissà.

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