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DdV 14 - Nella Padania canadese

Dopo aver preparato Foulie (la valigia) con lo stretto necessario, mi avvio a tarda sera alla fermata del tram, destinazione: pullmann. Destinazione del pullmann: Québec, la regione dei secessionisti canadesi. Appena arrivata alla fermata, il dubbio mi assale: su quale dei TRE pullmann dovrò salire?! Il dubbio viene fugato da Brit, “la negra” come verrà ribattezzata dalle mie compagne di viaggio spagnole: seguimi, sei con me! Così mi accomodo, braccialetto da viaggio di gruppo al polso, e cerco la posizione adatta a dormire durante il viaggio... ricerca che si protrae per TUTTO il viaggio, tenendo il meritato riposo a debita distanza.
Il paesaggio fuori dal finestrino è monotono, come già sapevo: verde verde verde verde acqua verde verde verde ufffffff. Alle 3 ci fermiamo ad una stazione di servizio per andare in bagno: l'ambiente è squallido, ma esce musica dalla radio... musica francese, si sente che abbiamo attraversato il confine. Alle 6.30 mi godo l'alba dal pullmann, uno spettacolo indescrivibile al quale assistiamo io e l'autista, visto che -beati loro- gli altri dormono tutti. Finalmente giunti a Québec City, ci rifocilliamo con una gustosa colazione non inclusa nel prezzo, e così faccio la conoscenza con quattro ragazze spagnole che si convincono senza problemi del fatto che la mia comprensione dello spagnolo sia più che buona... e quindi cerco di carpire una parola ogni cinque, senza troppo successo. Neanche il tempo di riposarci un po', e si risale in pullmann per andare a camminare in centro città. Brit ci illustra la storia di Québec City, dove la Governatrice soggiorna durante l'estate, dove rimane l'ultima fortificazione canadese dai tempi della guerra, dove i francesi combatterono fieramente contro il nemico inglese. La guerra durò esattamente 10 minuti. Roba che i soldati in fondo alla fila non avevano manco imbracciato il fucile. E i francesi furono umiliati, ma è meglio non dirglielo. C'è un albero con una palla di cannone incastrata nelle radici: per i francesi, è il simbolo della loro cultura che cresce e si sviluppa nonostante il prevaricatore inglese cerchi di soggiogarla... ridiamo tutti a questa ennesima prova della boria francese, tranne il gruppo dei francofoni, soprattutto la ragazza simil-parigina che si atteggia a gran diva ed è perfettamente in linea con lo spirito dei québechiani. Finito il tour della parte antico-europea, abbiamo a disposizione cinque ore libere. E sorge spontanea la domanda: non potevamo rilassarci un po' in hotel, invece di affannarci a camminare per la città?! Ne approfitto per andare al parco e dormire su una panchina... che relax! Per tornare all'hotel prendo l'autobus pubblico, chiedo all'autista di avvertirmi quando devo scendere e mi guardo intorno: l'hotel è “sulla destra” secondo Brit... tranne che si è dimenticata di menzionare la necessità di attraversare un'autostrada hmmmmmmmmmmmm. Finalmente salgo in camera, dove dividerò il minuscolo letto con una delle ragazze spagnole, e dove il condizionatore fa un rumore allucinante, tipo aspiratore del bagno. Neanche il tempo di una doccia che è già ora di cena, ad un ristorante italiano in centro. Amante del rischio come sono, ordino una pizza e, sorpresa delle sorprese, è perfino decente!!! Solo che è minuscola, ma vabé lo stesso. Sono al tavolo con un gruppo di brasiliani, convinti che un'italiana come me non possa non capire il portoghese.... gulp. Risaliamo in pullmann, dove ho modo di apprezzare il muso duro del nostro autista (alla domanda “ooohhhh com'è che ci sono i fuochi d'artificio laggiù?!” risponde “beh, sono fuochi d'artificio. Punto.” ...mi sa che ha antenati francesi...) e finalmente è ora di dormire in un letto vero, pronti per il secondo giorno.
La mattina comincia con un'altra abbondante colazione (con quello che pago, mi sforzo di renderla il più abbondante possibile!!), e dopo aver pagato vengo inseguita dal cameriere: “did you pay??!” sì idiota, sì. Sul pullmann provo ancora una volta, invano, a dormire, e vedo Montréal avvicinarsi. Più che altro si vedono i giganteschi rollercoasters del parco divertimenti... andiamo???! No. I ponti di Montréal meritano un capitolo a parte. Quello che attraversiamo è stato protagonista di attentati secessionisti negli anni '70 (sì vabé, 3 anni di terrorismo con qualche bombetta qua e là... dilettanti!); quello accanto è stato costruito lì dove sorgeva un cimitero indiano: nonostante gli avvertimenti, continuarono a costruirlo, e crollò due volte, uccidendo 89 persone, esattamente lo stesso numero di persone sepolte nel cimitero; quello che vediamo in centro ha delle mini-torri Eiffel in cima, giusto per celebrare un po' di cultura francese. Ci fermiamo a fotografare lo stadio olimpico, e mentre Brit stende un velo pietoso sulla sua storia, apprendo dall'inclemente guida che i costi per costruirlo raddoppiarono già negli anni '70, fu studiato il costosissimo tetto apribile che non funzionò mai, e soprattutto lo stadio non venne utilizzato quasi per niente durante le olimpiadi, e i canadesi lo stanno tuttora pagando con le tasse. I progettisti erano italiani, confessate!!! Il resto del giorno viene speso a shopping, che non è mai stata una mia passione in Italia, figuriamoci quando viaggio. “Non c'è molto da vedere, solo la basilica” ci dice Brit... hai detto niente!! Ma dato che piove a dirotto e l'ombrello è rimasto a Toronto, mi rassegno ad andare per negozi. Tra gli altri spicca il “Noël eternel”, il negozio che vende solo oggettistica di Natale. Mi sento come la piccola fiammiferaia che spia le case dei ricchi: abituata come sono ad articoli esclusivamente religiosi, sbalordisco davanti alla varietà di decorazioni per l'albero (c'è perfino la Sirenetta!) e di case da villaggio di Charles Dickens, con tanto di pattinatori sul ghiaccio. Compro un paio di souvenirs e dopo aver fotografato la cattedrale di Notre Dame, torno al pullmann. Destinazione: le Centre Eaton, ovvero lo stesso identico centro commerciale che c'è a Toronto. Argh. L'unica particolarità è che è quasi tutto sotto terra, dato che durante l'inverno a Montréal si vive gran parte del tempo sotto terra per evitare di salire in superficie. Mentre mi avvio di nuovo al pullmann, trovo un'altra chiesa meritevole di foto, e trascorro la sera in albergo annoiata a morte.
Il terzo giorno comincia con una colazione inclusa nel prezzo e prosegue con gli indovinelli che Brit ci propone sul pullmann, mentre ci dirigiamo ad Ottawa. Per strada vediamo la residenza del primo ministro e quella della governatrice, presidiate dalle guardie della Regina (quelle col cappello d'orso, per intenderci). Dopo aver passato tutti i consolati dei vari Stati, e aver apprezzato il mega-ragno davanti al museo d'arte (ragno costato milioni di dollari...), arriviamo in centro e ci avviamo a Parliament Hill. La coda per visitare il Parlamento è infinita, passo i controlli (dove il poliziotto apre entrambi i miei cellulari... ebbene sì, ne ho due, e con questo??!), ma dato che finalmente è una bella giornata, rinuncio alla visita e mi dirigo a fare una passeggiata in città. Ottawa è molto carina, la passeggiata in riva al fiume piacevole e il panorama stupendo. Ammiro il monumento ad uno dei più grandi campioni canadesi di hockey (noi mica c'abbiamo monumenti a Totti o Alberto Tomba!!) e mi dirigo nuovamente al pullmann, destinazione: le 1000 isole.
La crociera sulle mille isole (sul confine tra USA e Canada) vale tutto il viaggio, i panorami sono mozzafiato e l'atmosfera è di relax totale. Proprio oltre confine, vediamo quello che oggi è un hotel di lusso ma che in realtà era nato come castello privato costruito espressamente come regalo da un marito innamorato alla sua mogliettina.... i canadesi sono i migliori, poco da fare. La Vodafone al solito ringrazia, e ricevo ben OTTO sms sulle convenientissime tariffe per gli USA... gulp. È ora di tornare indietro, e mi godo i tentativi maldestri di conquista dei sedicenni spagnoli nei confronti delle loro coetanee... no non te la dà, tesoro è meglio che dormi!
In definitiva, sono sicura che anche Montréal merita, così come le altre due città, ma dovrò tornarci per assicurarmene. A parte l'organizzazione assurda, ho comunque osservato quanto mi era stato detto, e cioè che il Québec è molto europeo, dalla disposizione delle strade agli edifici e perfino agli odori, e ovviamente alla lingua. Un respiro di casa, oltreoceano.

1 commento:

  1. Anch'io voglio gli alberi laici, ma soprattutto una Guardia della Regina col cappello di orso!!!

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