Chi mi conosce sa
quanto non mi piaccia la violenza in qualunque forma, per questo è
in totale buona fede che sono partita per Roma per partecipare alla
manifestazione di sabato 15 ottobre, per confermare la mia buona fede
nelle autorità che dovrebbero proteggere i deboli e i pacifici e per
confermare anche quel pregiudizio che molti di noi hanno: cioè che
Giuliani in fondo in fondo se l'è cercata, 10 anni fa, e che quelli
che vengono coinvolti negli scontri sono sempre un po' esaltati e
altro che manifestanti pacifici.
L'atmosfera in
piazza della Repubblica, poco prima delle due, è stupenda. Migliaia
di persone in piazza, tanti bambini e tanti anziani, disabili in
carrozzina perfino. C'è musica, ci sono troppe bandiere di partito e
poche italiane -le uniche che dovrebbero esserci- e slogan e
magliette. Un cartello dice “CastAway” e diventa uno dei miei
preferiti; un altro dice che “c'è sempre speranza”, mentre una
maglietta cita “In direzione ostinata e contraria” di De Andrè.
Cominciamo a
camminare in maniera un po' disordinata, a casaccio nel mio caso.
Seguitemi su Google maps se riuscite, perché poi sarà utile: da
piazza della Repubblica a San Giovanni per via Cavour, Fori Imperiali
e Colosseo.
Cammino al lato
della strada, cercando di tenere il passo con un'associazione “il
melograno”, un gruppo di docenti precari e soprattutto una banda
con trombe e bonghi e una carrozzina: potrà mai succedere nulla, se
seguo loro?!
L'atmosfera è più
che tranquilla, l'unica nota stonata sono le vie di fuga. Sì perché
TUTTE le vie laterali a via Cavour sono bloccate da mezzi delle forze
dell'ordine, in modo tale che se succedesse qualcosa noi saremmo
carne da macello, non oso nemmeno pensarci.
Comincio a vedere
qualche colonna di fumo, ma niente di che. Si sente qualche
esplosione distante, ma niente di che. Ad un certo punto vedo una
vetrina spaccata e una macchina coi vetri in frantumi. La gente è
ancora tranquilla, abituata: “Ce stanno i pariolini, se vede!”
dice una signora. Sono ancora accodata alla banda, ci sono molti
anziani intorno a me e donne con bambini. Ad un certo punto sento
un'esplosione troppo vicina per i miei gusti, vedo una macchina
bruciata e un negozio incendiato e decido che è ora di abbandonare
il corteo. Una parola. Da che parte conviene? Io che Roma poi non la
conosco, e so che i poliziotti bloccano tutte le vie laterali,
comincio a preoccuparmi di brutto. La gente entra nel panico, corre
in senso contrario, si spintona mentre qualcuno invita alla calma, io
mi appiattisco contro il muro, poi salgo una scala che non so dove
porta ma dove molti si stanno dirigendo. Porta a S.Pietro in Vincoli,
dietro il Colosseo praticamente. Mi giro e li vedo: una ventina di
black bloc tutti vestiti di nero, incappucciati, le spranghe in mano,
che marciano a quadrato, isolati in mezzo al corteo. E le forze
dell'ordine che non intervengono.
La gente li
sfotte, gli urla “Bravi coglioni! Fascisti! Andate via!” Io non
so quale angelo mi protegga, ma praticamente ho trovato l'unica via
di fuga possibile. Confortata, arrivo alla terrazza sovrastante il
Colosseo dove c'è la fermata della metro. Ma è chiusa.
Permettetemi di
aprire una parentesi: chi è il genio dell'ordine pubblico che ha
organizzato le cose in questo modo? Non me ne intendo molto eh, ma
farò una sequenza di ragionamenti logici. Ai black bloc -in azione
da ore, senza che NESSUNO intervenisse- interessa fare casino lungo
il corteo; a molti manifestanti come me interessa salvarsi il culo
scappando se necessario. Se blocchi le vie di fuga, le blocchi a noi,
non a loro. Se voglio prendere un mezzo per tornare a casa il prima
possibile, e bus e taxi non passano ovviamente, prendo la metro. Ok
lasciarla aperta a Repubblica; ok chiuderla a Cavour, ci mancherebbe
pure dato che è in centro corteo; ma perché chiuderla al Colosseo,
soprattutto visto che l'entrata è su una terrazza che nulla ha a che
vedere col corteo?! E quel che è più grave, perché tenerla aperta
a San Giovanni?! Che con quello che è successo, si poteva anche
prevedere un attacco ai treni o alla stazione?!
E poi arriva il
momento di decidere cosa fare. Opzione 1: proseguo il corteo
-scartata, già si vedono colonne di fumo in lontananza. Opzione 2:
attraverso soltanto il corteo e vado verso ovest, dove sì non ci
sono metro ma magari il taxi arriva -sì e poi che giro fa? E se
rimane coinvolto negli scontri? Opzione 3, quella che come me molti
si sono trovati costretti a scegliere: torno indietro risalendo il
corteo in Via Cavour fino a raggiungere la fermata di Vittorio
Emanuele II°.
Cioè i geni che
hanno programmato questa giornata in cui 200.000 persone sono scese
in piazza, non hanno previsto vie di fuga alternative a TORNARE
INDIETRO in senso inverso al corteo né hanno sgombrato le strade da
macchine e cassonetti. Un applauso.
Eccomi allora in
via Cavour, in fila indiana, mentre il corteo s'ingrossava,
schiacciata tra i manifestanti e le vetrine: se un commando di black
bloc avesse deciso di distruggere un'altra vetrina, mi sarei trovata
in mezzo tra le bombe carta e la suddetta vetrina. Giunta finalmente
a Vittorio Emanuele, ho preso la metro che per l'appunto si è
fermata regolarmente a San Giovanni, per fortuna senza conseguenze.
Quello che vorrei
fosse chiaro -e dai giornali non si coglie, al momento- è la
sensazione fortissima che questi fossero gruppi di professionisti
(“lasciateci lavorare” avrebbero detto) pagati da qualcuno e
soprattutto in complicità con le forze dell'ordine, quasi che
dall'alto fosse stato ordinato di lasciarli proseguire almeno fino a
via Labicana, altrimenti non mi spiego come migliaia di agenti
abbiano potuto lasciare dei delinquenti ISOLATI marciare senza
intervenire, e non mi si dica che si erano confusi nella folla perché
erano tutto tranne che mescolati a noi.
Ma questa è solo
la mia opinione, ci mancherebbe. Quello che resta è una bellissima
intenzione degenerata in scontri con persone che -ho dovuto
ricredermi- non se la sono andata a cercare, tutt'altro.
E citando uno
striscione di piazza della Repubblica dico “ridateci la fantasia”:
sì, gli uomini neri li mettiamo noi che ce ne sono in abbondanza, ma
per carità ridateci la speranza non dico in un cavaliere -sia mai!!-
ma almeno in un eroe senza macchia anche se non necessariamente senza
paura, in quei modelli positivi che possono spegnere il tritacarne
prima che noi, carne da macello, finiamo questa caduta inesorabile.
Perché non è il baratro a far paura, è la mancanza di appigli per
fermarsi che mi spaventa.
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