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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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Upstate Update # 11 - Quel che resta (della Costa) / 2

Il comandante del volo ci annuncia che il meteo a Los Angeles sarà simile a quello di San Francisco: "leggeri rovesci"... che mi desse la definizione di rovesci, perché son due giorni che i calzini non mi si asciugano!! Queste previsioni e le raccomandazioni di non vestire con colori sgargianti -le gang potrebbero scambiarci per un membro rivale- non ci rassicurano molto sulla prossima destinazione.
Quel che resta di Los Angeles
Oltre ai consigli sui vestiti, ci era stato chiaramente detto che eravamo malate di mente, a pensare di andare ad LA senza macchina. Il tragitto tortuoso con lo shuttle ce ne sembra dare conferma, ma finalmente arriviamo a Santa Monica e spunta perfino un po' di sole! 
Santa Monica
Dopo un lauto pranzo italiano (è la Vigilia, bisogna onorare le feste!!), ci avviamo ad esplorare la zona con la convinzione di poter raggiungere l'oceano in un battibaleno... sì, se attraversi l'autostrada e il parcheggio, poi c'è l'oceano! Ma passando per il molo, riusciamo a toccare il gelido Pacifico e ad apprezzare lo spettacolo degno di Baywatch! A piedi passeggiamo sul lungomare (coi cartelli che avvertono "pericolo tsunami, se sentite un terremoto meglio che correte verso la città!") e raggiungiamo Venice Beach e i suoi canali (di scolo?!), con un odore di marijuana da far girare la testa e un barbone che ci ferma per chiedere dov'è andato Babbo Natale. Tornate indietro, non possiamo non fare ben due giri sul "rollercoaster", l'ottovolante con vista sull'oceano.
Il giorno dopo -Natale- non sorprende che sia tutto chiuso, ma noi andiamo lo stesso a fare le tipiche tappe turistiche: Beverly Hills (un'insegna...), Rodeo Drive (una strada...), Hollywood (altra insegna, a mille km di distanza), Walk of Fame (stelle sul pavimento - aha?). LA è una città di contrasti: da una parte le villone dei vip, due metri più in là le baracche dei poveri Cristi; qui il kitsch sguaiato di Hollywood, poco più in là i barboni che raccattano un dollaro per un panino al fast food. Decisamente deludente, un baraccone finto che nulla ha da offrire.
Per fortuna ci rifacciamo gli occhi e lo spirito con il centro, tipica città americana, grattacieli ovunque e pista da ghiaccio in centro, e poi alla partita NBA allo Staples Center: poco da fare, per questo tipo di spettacoli gli americani sono i numeri uno!
Pasadena
Oltre a Santa Monica, l'altra "città nella città" che merita sicuramente visitare è Pasadena: un viaggio nel tempo, sembra di essere tornati nell'Europa di cent'anni fa o in qualche soap opera sudamericana, con edifici spagnoleggianti, palme e atmosfera da piccola realtà suburbana che ti fa dimenticare cosa c'è ad un'ora di distanza. Resta il tempo di camminare sulla Universal City Walk, la camminata fuori dagli Studios (contornata da decine di fast food, insegne luminose, negozi improbabili) che è per fortuna tempo di salire sul pullman e lasciarsi alle spalle le Hills.

Quel che resta di San Diego
Coronado
Sebbene sia la città più famosa per il clima mite (visto che in realtà è costruita su un deserto), l'inverno più freddo degli ultimi 200 anni colpisce ancora e la pioggia ci segue fedele. Dopo una camminata infinita (favorita anche dalla mia cartina orientata E/O invece che N/S..?!?!) ci schiantiamo all'ostello e rimandiamo l'esplorazione al giorno dopo.
Passeggiando per Gaslamp, arriviamo al molo e poi decidiamo di andare a visitare Coronado, l'isola al largo di San Diego. Arriviamo e vediamo la spiaggia, ma sembra un ologramma: più camminiamo, meno la raggiungiamo. Finalmente, ed è quasi il tramonto, riusciamo a bagnare i piedi nell'oceano e a ritrovare la strada per l'autobus passando per il Coronado Hotel, che sembra uscito da Alladin.
La serata è salvata da Maria -mia collega di Master- e dalla sua famiglia, che ci ospitano per una cena italiana autentica seguita dal cinema per il film di Tarantino (spettacolare, tra l'altro!). La pioggia continua a perseguitarci, perciò il giorno dopo preferiamo affidarci al tour guidato al sicuro dentro il trolley, che ci fa scoprire la parte vecchia della città (stile far west) e i film girati qui ("Top Gun" ad esempio); dopo una veloce passeggiata al Balboa Park, uno tra i parchi più interessanti e vasti su questa costa (non fosse per la maledettissima pioggia!!!), ci rifugiamo al caldo in ostello e ci prepariamo a ri-attraversare il continente per accogliere il 2013 nella più tradizionale delle feste di piazza.

Quel che resta di NYE
NYE non sta solo per New Year's Eve, ma anche per New York's Eve. Quando abbiamo detto "facciamo il Capodanno a NYC!", a parte il fatto che Kate non aveva idea di cosa fosse il Capodanno a Times Square, non ci siamo interrogate troppo sulle modalità della festa. Poi, a Portland, abbiamo ben pensato di informarci e abbiamo optato per l'acquisto di due biglietti ($150 l'uno, li mortacci) per un locale nella "zona rossa". Sì perché il Capodanno bene o male funziona così: c'è uno schieramento di polizia che neanche al G20, la gente comincia ad arrivare la mattina o perfino il giorno prima, e la polizia li distribuisce in isolati transennati a partire da Times Square fino a Central Park (16 ISOLATI più in là!!!), chi primo arriva meglio alloggia. E una volta inseriti dentro le transenne, non si può uscire né per comprare cibo o acqua, né per andare al gabinetto, altrimenti non ti lasceranno più rientrare. C'è chi si porta il pannolone, chi la bottiglia, tutti fanno scorta di viveri e attendono al freddo per ore.
Unica alternativa per superare i posti di blocco è avere un biglietto per uno dei locali all'interno delle transenne, come nel nostro caso. Quando andiamo a ritirare i biglietti a mezzogiorno, le strade sono già intasate per cinque isolati da TS, e la ragazza ci dice "il locale apre alle 8, ma arrivate lì per le 7 perché sarà un delirio!". Non faccio fatica a crederlo!! Noi comunque ci avviamo con calma, la metropolitana sembra tranquilla ma uscendo a Bryant Park siamo travolte da un fiume umano, con la polizia che dirige il traffico pedonale tipo Venezia il martedì grasso. Finalmente arriviamo alle prime transenne, e i poliziotti ci rimandano tre strade più in là, e così via per sette posti di blocco, con perquisizioni varie. Finalmente arriviamo al locale -sperando non sia in over booking- e dopo poco ci fanno entrare: open bar per cinque ore e hamburger e patatine a volontà, non potevamo scegliere un posto migliore!! Oltretutto, l'isolato è transennato e non aperto al pubblico, quindi a mezzanotte meno cinque, col nostro spumante in mano e il cappello Nivea in testa, usciamo, guardiamo la palla scendere e poi rientriamo. Quello che mi resta è francamente un grandissimo stupore per la volontà di così tanta gente di soffrire per vedere che cosa? Una palla luminosa che viene giù? Credo che l'immaginario occidentale non possa raggiungere vette di ridicolo peggiori di questa! Senza contare che quei pochi fortunati che riescono a vedere il concerto in piazza, vedono quattro artisti in croce che cantano una canzone a testa (metà del concerto è in Florida, e viene trasmesso da lì).
Perciò non posso essere più felice di iniziare l'anno così, rifocillata e al calduccio, pronta per due settimane nel posto che amo di più con le persone che amo di più, e poi di nuovo nella terra del dentifricio per l'ultimo semestre!

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