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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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Avevo circa 12 anni, e alla TV Fiorello indossava impermeabili dagli improbabili colori fluo mentre, col suo mitico codino, imboniva piazze stracolme di gente al ritmo del Karaoke. Ad un certo punto, spazio agli sponsor: per qualche motivo non meglio spiegato, la Levi's era uno di questi (avevano visto lo stile del presentatore, sì?!?). Quella sera mettevano in palio un viaggio a New York, in onore dell'inserimento nel guinness dei primati per aver vestito le Torri Gemelle con i jeans più grandi del mondo.
Ecco, quella è stata la prima e unica volta che - nella mia ignoranza - ho mai visto o sentito nominare le Torri Gemelle, prima di 12 anni fa. Nel frattempo, per dirne una, la Fenice è andata a fuoco: la parola "terrorismo" non è mai saltata fuori. Pochi anni dopo ci fu una perdita di sostanze tossiche a Porto Marghera: il mio professore disse, come prima cosa "se i terroristi buttassero una bomba a Porto Marghera, Venezia e la terraferma verrebbero spazzate via in un secondo". Era solo una perdita, un incidente minore, non colposo. Ma era il 2003, e il mondo era già cambiato.
Quando ricordo la mia prima volta in Inghilterra a 17 anni, e racconto a mia mamma dei giri fatti da sola e delle persone incontrate, lei immancabilmente se ne esce "e ti ho lasciato andare da sola nel 2001, con quello che era successo?!" Peccato che fosse agosto, e "quello" non era ancora "successo". Perché quell'anno ho cominciato la terza liceo classico - quinta superiore per tutti gli altri comuni mortali - di martedì, secondo l'antica tradizione del non stancare gli studenti con una settimana piena già dall'inizio. Tornando dal Pacinotti con il mio corredo di quaderni monocromatici e penne gel nuove, accendo la TV e vedo un film di Spielberg... a reti unificate. No, qualcosa non quadra. Chiamo mia mamma, comincia la lunga diretta da New York con noi davanti allo schermo, incredule, e i parenti al telefono altrettanto sconvolti. Poi chiedo a mia mamma: "ma ci abitano delle persone o sono solo monumenti?" Beata innocenza, mia mamma mi guarda come fossi deficiente, io che i grattacieli non so neanche cosa siano.
Non so voi, ma il mio mondo non è più stato lo stesso, dal 12 settembre 2001, il giorno dopo. I cestini della spazzatura introvabili nelle stazioni della metro, un occhio a tutti i pacchi/gli zaini sospetti perché magari c'è una bomba, i controlli senza fine in aeroporto, il pensiero che spunta di tanto in tanto "ma se adesso qualcuno sparasse o tirasse una bomba, io dove potrei nascondermi?" La diffidenza, la paura di uscire di casa troppo tardi da sola (tipo le 21), gli sguardi sospetti a chiunque portasse un velo o un copricapo che non fosse il cappello di paglia dei turisti.
L'inquietudine rimane qui, dove i terroristi "non hanno ancora colpito," mentre dall'altra parte dell'oceano dimostrano di riuscire a voltare pagina, senza dimenticare le vittime ma senza piangersi addosso. E allora riesci a scrollarti di dosso la paura, ti si gela un po' il sangue nelle vene quando ti danno appuntamento al "World Trade Center" perché sì, esiste ancora, e con due nuove torri non più gemelle, ma poi parli con gli sconosciuti e ti fidi di tutti a prescindere dai copricapi, e il comico pakistano di New York ci scherza pure su.
Che sia stato un complotto di Bush o meno - io sono complottista al 100% - resta comunque un giorno che ha cambiato il nostro mondo, dando nuova linfa a chi vuole "esportare la democrazia" come Obama in questi giorni, ma soprattutto rivoluzionando il nostro modo di agire e pensare, che lo vogliamo o meno. A 12 anni da quel giorno, io mi auguro solo che tutti noi riusciamo a ritrovare ingenuità e serenità, e un po' di sano fatalismo all'americana. Per non dimenticare, e per non farsi sconfiggere da chi ha voluto quegli attacchi.

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