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I racconti, i sogni, le speranze, i pensieri.. di tutto un po', per chi crede che Someday I'll be Saturday Night!

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(Racconto) Il profumo dei fondi di caffè

Bam bam bam. Una luce, poi niente. Immagini veloci scorrono come una pellicola, flash veloci che poi rallentano. Ecco, siamo io e Roby. Mi sono sbucciata un ginocchio, perché mi teneva in braccio in giardino e gli sono scivolata. Io ho paura del sangue, ma non piango perché sono arrabbiata con lui e non voglio dargliela vinta. «Tanto male?» «Sì!!» «Scusa, non volevo…» «Sei il solito deficiente. Io non ci gioco più con te.» E mi rannicchio su me stessa fingendo più male di quello che ho. Lui si alza e va in cucina, sta via un po’. Torna con due tazze di caffè, ma lo sa che la mamma non vuole che lo beviamo. «Ci ho messo quattro cucchiaini sul tuo, facciamo pace?» Non rispondo, prendo la tazza e mescolo lo zucchero. Lui fa lo scemo, fa i gargarismi e mi fa ridere. «Sei ancora arrabbiata?» «Adesso un po’ meno.» «E allora lo senti anche tu il profumo?» «Di cosa?» «Il profumo che si sente dopo che bevi il caffè e sei felice. Lo senti?» «È vero, sento un odore. Secondo me è il profumo dei fondi di caffè.» «Ah, io credevo che era la tazzina. Ma sei tu quella che sa ste robe, allora ti credo. È il profumo dei fondi di caffè.»Le immagini scorrono di nuovo, corrono veloci. Ecco, rallentano ancora. Io e Roby, ancora, ma più grandi. Sto piangendo perché mi sono appena mollata. «Shhhhhh dai non fare così shhhhhhh!!» Non ha mai sopportato le mie lacrime, gli faccio paura quando piango. «Ma non ne vale la pena scusa, era uno stronzo!! Se non vuoi farlo con lui mica può costringerti! E poi se è destino lo ritroverai, se no ne troverai cento di meglio, dai!! Shhhh non fare così, alzati da là e vieni con me.» Mi trascina per un braccio e mi porta in terrazza, dove stendiamo la biancheria. Da lì si vedono i tetti della città, è quasi il tramonto. «Ti pare che vale la pena di star là a piangere?? Guarda che spettacolo, guarda che colori hanno le nuvole! Per questo sì vale la pena piangere, ma di gioia!» Ho smesso di piangere, ma non me ne frega granché delle nuvole. «Grazie.» E sorrido. «Beh, è un inizio. Se ti togli quel muso da culo poi trovi pure Brad Pitt.» Io lo spingo per scherzo ridendo, mi mette una mano sulla spalla e mi porta giù.
Bam bam bam. Apro gli occhi, ma dove sono? Luce blu oddio non respiro aaahhhh aaahhhh calma calma è una mascherina è ossigeno. Inspiro forte, ma dove sono? Tubi di flebo attaccati, sono in ospedale? Perdo i sensi, chiudo gli occhi. Riecco le immagini scorrere, come fossi al cinema. Di nuovo io e Roby, di nuovo bambini, con le guancie gonfie. Siamo Bombolo e Bombola, dobbiamo sforzaarci di parlare così finché a uno dei due non viene da ridere. Lui farebbe di tutto per farmi ridere, e alla fine ci riesce. Ma non è contento perché ha vinto, è contento perché rido. E le immagini scorrono di nuovo, i ricordi si affollano e si confondono. Eccomi davanti alla porta di Roby. Dlin dlon. «Eeehhhiii mongoletta, che ci fai qua??» «Ciao.. beh… sono venuta a portarti l’invito, io e Manuel ci sposiamo.» «Ah. Ah, beh. Ma sei sicura? Vieni dentro dai, che ne parliamo.» «No mi aspetta in macchina, sono di corsa… Scusa.» Si rigira tra le mani l’invito. «E di che? Solo mi domando se mi chiederesti scusa, se fossi davvero felice. E se ti mancherebbe quella scintilla negli occhi. Ma se mi dici che sei felice ti credo, lo sai che mi fido di te.» «E io di te.» Ho un nodo in gola, non voglio che disapprovi. «Non abbandonarmi.» «Eeehhiii ma sei scema?? Ti pare che Bombolo abbandona Bombola??» E gonfia le guance come da piccoli. Io rido, e lui è più sollevato adesso che mi vede ridere come una volta. «Però se c’è qualche problema lo sai che sono qua, vero?» Lo stringo più forte, perché ho paura che ci allontaneremo comunque.
Luci bianche, voci distanti. «Dottore, la ragazza si sta svegliando.» Una luce mi punta un occhio, poi l‘altro. «Giovanna, mi sente?» Ho la bocca impastata, non riesco a rispondere. «Sedatela, è ancora debole». Ancora buio, e le immagini riprendono. Io e Roby camminiamo in spiaggia, ha piovuto. Lui solleva un po’ di sabbia bagnata con l’ombrello e mi sporca. Sto per arrabbiarmi, poi mi fa una mossa del wrestling e mi butta a terra, ridiamo e lottiamo. In bungalow la mamma si arrabbia davvero. «Ma dai mamma, è colpa mia che l’ho fatta un po’ inciampare!!» Rido di nuovo. Immagini che fuggono via, ancora una volta. Siamo in macchina, io piango e Roby guida. «Non voglio cominciare con il “te l’avevo detto”, quindi lasciami solo dire che è un figlio di puttana all’ennesima potenza. E smettila di tirar fuori quel cellulare che te lo spacco!!! Non ti chiama, e se lo fa rispondo io! Vuoi cominciare a capire quello che meriti per la persona stupenda che sei e per tutto quello che dai agli altri??» «Sì, cosa do oltre a rotture di coglioni? Evidentemente non ero abbastanza, per lui.» «E CERTO!! E se anche fosse, è giustificato a trovarsi un’amante? Ma stai scherzando?? Se non stessi guidando ti farei lo spaccaschiena come da piccoli, così almeno vediamo se ti si attiva qualche neurone!! E vuoi sapere cosa dai agli altri? Guarda qua cos’ho trovato tra le mie cose l’altro giorno, leggi qua le cose per le quali vale la pena piangere, va’!» Si tira fuori dalla tasca un foglietto a righe, è ingiallito dal tempo. In alto una data scritta dalla mano di un bambino. «Ehi, ma che cazzo pensa di fare quello?? OOH!»
Bam bam bam. Mi sveglio, sono intorpidita ma lucida. Un’infermiera mi sta cambiando la flebo. «Buongiorno Giovanna, come si sente?» «Confusa… debole» «Ha avuto un brutto incidente, è normale.»«Roby… Roberto, mio fratello, dov’è?? Come sta?»«Deve ringraziarlo, non fosse stato per i suoi riflessi… ha sterzato dalla sua parte, per evitare che lei rimanesse ferita. Le ha salvato la vita. È ricoverato in un altro reparto.»«Posso vederlo? Voglio vederlo.»«Magari domani, adesso è ancora debole.» E se ne va. Comincio a guardarmi intorno, metto a fuoco la stanza. Sul comodino c’è il mio telefono, e quel foglietto. Dovevo avercelo ancora in mano. Lo prendo e leggo le prime righe:
“10 marzo 1989. Cioè il giorno che compio otto anni.
Oggi scrivo le otto nove dieci cose più belle che ci sono, così quando lo leggo tra quattro-cinque anni vedo cosa mi piace ancora e cosa non mi piace più. Parto da quella meno bella fino a quella più bella.
10.Giocare con l’amiga a pang, perché a pang vinco sempre e anche a golden axe.
09.La ricreazione a scuola, che così posso correre e giocare e per un po’ non devo fare i compiti.
08.La tavola a Natale e a Capodanno quando siamo tutti insieme e ridiamo tanto e mangiamo quello che fa la zia e poi contiamo sessanta cinquantanove e così via, perché adesso posso che sono grande ma prima non potevo che ero piccolo e dormivo presto.
07.Il profumo della carta bruciata e del legno quando il papà fa la griglia e bisogna raccogliere gli aghi. Poi però il papà prende l’influenza e allora non è bello, ma prima sì.
06.Il profumo dell’erba quando piove anzi no, il profumo di tutto quando smette di piovere e tutti vanno in giro con la giacca della tuta e l’ombrello e poi viene fuori anche il larco baleno.
05.Quando con tutti quanti andiamo in spiaggia, perché in macchina cantiamo e ridiamo sempre e poi però mia sorella sta male e allora bisogna stare più zitti ma a me mi piace lo stesso.
04.Quando mia mamma mi abraccia forte che io non lo so che lei vuole abracciarmi, ma mi piace tanto tanto lo stesso anzi di più.”
Mi salgono un sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi, chiudo il foglietto e mi riprometto di leggerlo più tardi, insieme a Roby. Ha proprio ragione, ci sono cose per le quali vale la pena piangere. Finalmente mi portano da lui. I medici hanno facce serie e scontrose, non mi piacciono per niente. In corridoio mi fermano.
«Salve.»
«Salve.»
«Signorina, forse è meglio se aspetta un po’. Non è un bello spettacolo.»
«Non m’interessa, voglio andare da Roby. Come sta?»
«Beh, ecco… non bene, signorina.»
«Cosa vuol dire? Per quanto ne avrà?»
«Beh… ha subito dei traumi e delle lesioni al cranio che hanno generato un edema cerebrale… è in coma, signorina.»
«Coma? Ma ce la farà. Deve farcela.»
«Le speranze sono esili, a dire il vero. Mi dispiace, ma… beh ecco… se non darà segni di ripresa entro 6 ore, saremo costretti a dichiararne la morte cerebrale. Mi dispiace, signorina, davvero.» Silenzio.
«Signora.»
«Mi scusi?»
«Lei continua a chiamarmi “signorina”, ma io sono sposata. Signora.»
«Ah… mi perdoni. Davvero, è meglio vederlo in un altro momento, suo fratello.»
«No. Se quanto dice è vero, potrei non avere altri momenti.»
«Come vuole, signora. L’accompagno.»
La stanza è scura, Roby ha tubi ovunque. La testa è fasciata, così come le gambe. Mio Dio fratellino, cosa ti è successo? Mi avvicino, gli stringo la mano. «Ciao, sono io.» Bip bip bip. «Dai, adesso puoi smettere di far finta, hai vinto. Svegliati.» Bip bip bip. Sento un peso che sale dal fondo dello stomaco. Si chiama impotenza. Ho davanti a me l’unico uomo –ma forse l’unica persona- che non mi abbia mai tradita, e che mi ha dato tutto senza mai chiedere nulla in cambio. E non posso fare nulla per lui. E non riesco neanche a dirglielo, quant’è speciale. Quanto abbia cercato tutta la vita qualcuno che gli assomigliasse, qualcuno che vedesse in me tutto il bene che vede lui. Ho gli occhi fissi su quella benda intorno alla testa… quanto male??! Perché?? Proprio per salvare me, ancora una volta. Per salvarmi dalla mia vita e salvarmi la vita allo stesso tempo. Per farmi rendere conto di quante barriere abbia costruito negli anni. Barriere intorno a me stessa, per impedirmi di arrivare al centro di me e farmi male. Barriere contro gli altri, per impedire a loro di arrivare al centro di me e distruggermi. Barriere contro il mondo, per la paura di non so cosa, ma di qualcosa che può uccidermi se gli lascio lo spazio di avvicinarsi. Forse è la paura della felicità. Roby non ha mai avuto barriere. Ad ogni schiaffo ricevuto ha replicato con un sorriso. E ad ogni delusione ha risposto con la fiducia. Come con me. Sono stata una delusione vita natural durante. Eppure mi ha sempre fatto sentire la persona più importante al mondo. Cosa posso avere poi di tanto speciale. Nemmeno riesco a farti svegliare. E piango. Ah già, la lista. Tiro fuori il foglietto, glielo leggo e riporto alla mente i nostri ricordi. Niente. Bip bip bip. Manca meno di mezz’ora, sono già qui da cinque ore e mezza. Proseguo la lettura, mancano gli ultimi tre punti.
“03.Il tramonto quando ci sono tante tante nuvole in cielo, che si colorano tutte arancio e rosa e poi passano gli uccelli e ci volano in mezzo e soffia il vento leggiero che mi spettina tutto.
02.Il profumo dei fondi di caffè, perché vuol dire che stai proprio bene se lo senti, e che vuoi tanto ma tanto bene a quello (o quella) che è con te. Quando c’è mia sorella io lo sento sempre. Ma solo se bevo il caffè però.”
È vero. Questo non me lo ricordavo più. È tanto che non lo sento. Do un’occhiata al resto del foglio, e mi crolla tutto. Crolla il mondo come l’ho concepito finora, crolla l’idea che mi ero fatta di dover lottare per qualcosa al di là di ciò che c’è già. Mi guardo intorno e scopro un mondo nuovo, che è il mondo che c’era prima, solo che adesso lo vedo. E so che la vita è più forte di qualunque mio sforzo per rovinarmela. E capisco che davvero ci sono cose per le quali vale la pena piangere, ma molte di più per le quali vale la pena ridere. Ancora una volta Roby mi ha regalato la gioia, mi ha ridato la mia vita.
“01.Il sorriso di mia sorella, perché colora proprio tutto e sembra che c’è una luce che devi chiudere gli occhi anche se fuori piove. E poi lei sorride sempre anche quando le cose che dico sono stupide stupide, ma lei ride perché è gentile.Ecco. Queste sono le cose mie più belle. Un giorno liele dico anche a mia sorella, così lei mi dice le sue. Ma oggi no perché è arabbiata, e allora voglio farla ridere. Così poi è contenta.”
Bip bip bip. Non trattengo più le lacrime. Poi mi fermo. Rileggo la lista. Bip bip bip. Entra il medico. «Signora… dovrebbe uscire.»
«No.»
«La prego, signora, dobbiamo staccare le macchine.»
«Staccatele, io resto qui. E portatemi un caffè molto zuccherato.»
«Ma signora…» Il mio sguardo lo convince. Quando arriva l’infermiera col caffè, lo mescolo lentamente. Guardo Roby, non vedo altro. Bevo il caffè come da piccoli. Bip bip bip. Bip bip. Poi nulla. Il suo volto si addolcisce, sembra che stia facendo una linguaccia per farmi ridere. E allora rido, rido e rido, e tutti mi prendono per pazza ma io non li vedo e non li sento. Fuori dalle finestre c’è uno dei nostri tramonti, quelli con tante nuvole in cielo. E magari l’aria sa di erba bagnata, e di pioggia e di legna bruciata. Ma adesso sento solo un odore, e appoggio le mie labbra su quelle di Roby perché sono sicura che anche lui lo può sentire. È di nuovo quel profumo. Il profumo dei fondi di caffè.

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